mercoledì 18 marzo 2009

Tutto a causa di una convulsa esterofilia!

Soffriamo di una convulsa esterofilia. Atteggiamento ahimè che si riflette nell’anomalo “modo italiano” di fare impresa. Delocalizzazare. Questo, a distanza di anni, sembra ancora l’obiettivo principe a cui ambire. Delocalizzazione finalizzata alla riduzione dei costi fissi. Mentre gli altri paesi investono in ricerca e sviluppo e adottano le menti italiane, l’Italia continua ad essere in contro-tendenza. Abbandonare il progresso italiano e recarsi in Paesi che con lo sviluppo non hanno nulla a che fare. Produrre e non innovare. Sfruttare e non adeguatamente retribuire. Meglio un uovo oggi che una gallina domani, sembra questa la filosofia. Siamo agli ultimi posti circa le percentuali di investimenti in ricerca. Ma questa non è certo una novità. La si potrebbe infatti definire come classica “routine italiana”.Il dato più preoccupante è un’altro: l’abbandono della ricerca.Si assiste ad una progressiva diminuzione di ricercatori e questo dato sembra passare sempre più inosservato. In Italia ve ne sarebbero infatti solo 2,7 per ogni mille lavoratori contro i 5,1 della media europea. Insomma, non è più “Fuga” dei cervelli ma “Estinzione” degli stessi.Delocalizzazione, scarsa innovazione, l’inadeguatezza delle strutture e delle retribuzioni, queste le cause. Fare ricerca in Italia è sempre più una passione e sempre meno una professione.Salvaguardare le categorie professionali in estinzione. Una vera e propria petizione. Promossa dalle aziende, condivisa dalla collettività, messa in pratica da studenti. Puntare al futuro, un futuro che possa ancora vantare con orgoglio, un original made in Italy.

Nessun commento:

Posta un commento